Se siete nei dintorni di Gavi o pianificate una gita dalle nostre parti, potrebbe interessarvi scoprire alcuni siti storici molto interessanti. Oltre al Forte di Gavi, all’ex abbazia di San Remigio a Parodi Ligure e alla pinacoteca dei Padri Capuccini a Voltaggio, noi vi consigliamo una visita al sito archeologico di Libarna, a soli 3 chilometri da Gavi e a metà strada tra le città (e i caselli autostradali) di Arquata e Serravalle Scrivia (ma di fatto nel comune si Serravalle). Qui, tra la sede stradale e quella ferroviaria, emergono inaspettatamente alcuni resti di una città romana: non un piccolo villaggio, ma una vera cittadina che 2.000 anni fa conobbe un periodo di grande prosperità ma venne poi abbandonata, scivolando rapidamente nell’oblio sino a circa 200 anni fa.
- Il fortuito ritrovamento delle vestigia romane
- La breve ma intensa storia di Libarna
- Il sito archeologico oggi
- L’anfiteatro
- Il teatro
- Le abitazioni
- Informazioni utili per la visita agli scavi archeologici e ai reperti museali
Il fortuito ritrovamento delle vestigia romane
Libarna, è una delle aree archeologiche più importanti (e misconosciute ai più, diremmo noi) del Nord Italia. La prima scoperta risale all’inizio del XIX secolo quando, del tutto casualmente, durante i lavori per la “Strada Regia” di collegamento tra Genova e Torino (ex Strada Statale 35 dei Giovi, oggi Provinciale) furono ritrovati i resti dell’antica città romana. Altri ritrovamenti seguirono anche durante gli scavi per la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Genova (dal 1846 al ’64). Tuttavia i lavori non furono fermati compromettendo significativamente il sito che ora appare diviso in tre settori, per l’appunto, dalla strada e dalla linea ferroviaria. Dopo aver estratto un buon numero di reperti gli scavi vennero nuovamente interrati per dare via libera allo sviluppo dei nuovi assi di collegamento stradale e ferroviario. Gli scavi non furono mai completati anche se, di quando in quando, in occasione di lavori di scavo nella zona, vengono intraprese nuove campagne per la messa in sicurezza di eventuali reperti.
La breve ma intensa storia di Libarna
I primi insediamenti nella piana di Libarna risalgono all’età del Ferro quando, in seguito alla creazione di un emporio etrusco a Genova nel VI secolo a.C., attraverso la valle dello Scrivia si attiva un canale commerciale di comunicazione con la pianura padana e la zona subalpina.
Nel I secolo a.C. i romani vi edificarono una vera e propria città, disegnata sul modello urbanistico tipico delle città di nuova fondazione, ovvero su di un reticolo di vie ortogonali tra loro, centrato sull’incrocio di due assi principali, cardo massimo e decumano massimo, orientati rispettivamente in direzione Nord-Sud ed Est-Ovest. In realtà, a Libarna, gli assi principali non risultano perfettamente allineati con le direzioni canoniche ma ruotati in direzione Nord-Ovest, Sud-Est per assecondare il tracciato della strada consolare Postumia (di cui parleremo a breve) cui il destino della città è legato a doppio filo. Tuttavia, nell’insieme, l’impianto tradizionale è pienamente rispettato anche nel posizionamento degli edifici principali con il foro disposto centralmente, le terme e il teatro a Nord, in posizione periferica e l’anfiteatro a chiudere il decumano massimo. Ma prima di scoprire nel dettaglio la città torniamo alla sua storia, in tutto e per tutto segnata dalla posizione strategica del luogo di fondazione.
Esplora la mappa navigabile Google del sito archeologico
E’ probabile che in epoca repubblicana, ancor prima di divenire un florido centro commerciale, Libarna, protetta dai monti alle spalle, si sia consolidata come base per i rifornimenti dell’esercito romano, impegnato nella conquista del Nord Italia. Ma l’evento che diede impulso allo sviluppo della città fu la realizzazione del nuovo asse viario, la via Postumia, creato dal 148 a.C. dal console Spurio Postumio (da cui il nome) che collegava Genova a Piacenza e poi ad Aquileia. Il percorso era tutt’altro che piano e lineare come potrebbe apparire semplicemente osservando la carta: da Genova si risaliva il corso del torrente Polcevera sino a Ponte X e poi si iniziava a salire verso il Passo della Bocchetta qui, però, anziché scendere a valle verso Voltaggio, come l’odierna strada carrabile, si proseguiva in quota, lungo la via di crinale sino a Fraconalto, quindi si scendeva lungo l’attuale strada del passo della Castagnola (ex Strada Statale 35) ma solo per risalire subito sul monte Porale e ridiscendere finalmente a Libarna. Da qui, la tappa successiva era Dertona (oggi Tortona) e la seguente Piacentia (Piacenza). La via Postumia proseguiva poi verso Verona e giungeva, come detto, sino Aquileia, attraverso tutta la provincia Cisalpina. Ma a Piacenza si poteva anche prendere la via Emilia e quindi ridiscendere verso Roma passando per Ariminum (Rimini) dove iniziava la via Flaminia.
Mappa delle vie consolari: in celeste la via Postumia (fonte Wikipedia)
Altri punti di svolta sono prima l’ottenimento dello status di “colonia“, concesso con un editto dell’89 a.C. a tutte le popolazioni transpadane e poi il conseguimento della cittadinanza romana nel 49 a.C. Da questo momento a Libarna, divenuta municipium,quindi a tutti gli effetti emanazione dello stato romano, inizia un vero e proprio processo di inurbamento: la città assume connotati urbani e inizia la propria parabola ascendente di ricco centro di scambi commerciali (come testimoniato dai cospicui ritrovamenti di monete) e anche produttivo.
Il brillante sviluppo urbanistico culminerà sul finire del I secolo d.C. con la realizzazione dell’acquedotto e dei principali edifici pubblici (teatro, anfiteatro e terme). Con l’inizio dell’età imperiale Libarna trae beneficio dall’importanza del ruolo rivestito dalla via Postumia nei traffici commerciali tra l’area padana e i settori orientali: la città vive così un periodo molto lungo di grande prosperità.
Alla fine del II° secolo d.C. e poi durante tutto il secolo successivo però inizia la parabola discendente dell’Impero Romano d’Occidente e, di conseguenza, quella del commercio a vasto raggio, su cui era fondata la fortuna della via Postumia nonché di Libarna. Il lento declino si conclude nel V° secolo con il totale abbandono della cittadina
Cos’è accaduto? Oramai debole, l’impero retrocede e si sgretola innanzi all’avanzata delle popolazioni barbare. In queste condizioni quella stessa strada che aveva fatto di Libarna una ricca cittadina, la via Postumia, è ora una via di accesso privilegiata per gli invasori. La popolazione quindi abbandona la pianura, arretra e trova riparo nei piccoli centri sulle alture.
Lentamente, cessati gli scontri e tramontata anche la supremazia dei Goti, in epoca Longobarda il sistema viario viene in parte ripristinato e la popolazione torna a distribuirsi sul territorio. Ma non vigono più l’ordine e la tranquillità d’epoca romana e così, piuttosto che ricostruire Libarna, distrutta per l’abbandono e le invasioni, situata in un luogo favorevole per gli scambi ma troppo esposto, difficile da difendere e inadatto a controllare il territorio, si preferisce fondare un nuovo insediamento sulla collina del castello di Serravalle Scrivia, dove il terreno sale e la valle si stringe. Sono però tempi difficili, non è semplice procurarsi materiale da costruzione per il nuovo centro abitato, cosicché Libarna diviene una sorta di cava a cielo aperto: alla distruzione si somma la spoliazione e su tutto scende l’oblio. In epoca medioevale resta ancora una debole traccia di insediamento: una pieve, un’area di sepoltura, una fornace. Poi nulla più, tanto che per secoli si perse anche la memoria dell’antica Libarna.
Il sito archeologico oggi
L’area degli scavi è di oltre 13.000 mq eppure rappresenta solo una parte del tessuto urbano: come si è avuto modo di dire, in età imperiale Libarna fu una città ricca e popolosa (si stima che al suo apice abbia raggiunto i quattro/seimila abitanti), un centro di aggregazione anche per le genti dei territori circostanti, una città che crebbe molto per estensione ed importanza ma sempre con un piano urbanistico preciso da seguire doviziosamente, un sistema idrico alimentato da pozzi sotterranei prima e poi da un moderno acquedotto e con molti edifici monumentali. Tutti gli edifici monumentali sono fatti risalire pressapoco al I° secolo d.C., l’età di massimo splendore della città.
Oggi, sono ben visibili i resti di due insulae (quartieri d’abitazione) a destra e a sinistra del decumano massimo, il teatro e l’anfiteatro mentre l’area del foro, che si estendeva in direzione sud all’incrocio tra cardo massimo e decumano massimo, e un altro complesso edilizio molto grande (si pensa occupasse quattro isolati) che probabilmente, oltre alle terme, accoglieva la biblioteca e la palestra, dopo l’esecuzione degli scavi sono stati nuovamente interrati e ora giacciono nascosti sotto la ferrovia.
Nel 2011 in previsione dei lavori per l’ampliamento dello stabilimento “La Suissa srl”, è stata avviata una nuova campagna di scavi che ha consentito il ritrovamento del tracciato di fondazione della porta Sud che accoglieva i viaggiatori in arrivo da Genova. Il modello si suppone fosse simile a quello utilizzato anche per la porta Nord, che chiudeva il cardo massimo all’incirca alle spalle del teatro: una grande porta con due varchi laterali minori e due torri simmetriche. Successivamente ai rilievi, il sito è stato nuovamente interrato e i lavori sono stati portati a termine: oggi nel piazzale dello stabilimento resta solo un cartello didascalico.
È di questi ultimi giorni la notizia di una ripresa del numero dei visitatori, molti dei quali stranieri, all’area archeologica, frutto assai probabile della partnership che il comune di Serravalle ha attivato con il vicino Outlet che ha anche finanziato il sistema di didascalizzazione dell’area. Ne siamo lieti e speriamo che presto altre iniziative possano fare crescere l’interesse verso questo sito storico davvero notevole.
Attualmente Libarna sono in corso lavori di ripristino dei muri del teatro e non appena saranno disponibili nuovi finanziamenti si provvederà al consolidamento dell’anfiteatro dove già si registrano piccoli crolli.
Le pareti degli edifici si presentano a noi oggi per lo più come bassi muretti: la sensazione è quella di aggirarsi all’interno di una rappresentazione planimetrica, quasi di un progetto di città romana. Poi incespichiamo in una pietra scavata dalle ruote dei carri duemila anni fa e così usciamo dal disegno per entrare nella storia.
L’anfiteatro
L’anfiteatro è posto, secondo tradizione, all’interno di un vasto spiazzo (la platea) al limitare del tessuto urbano con funzione di quinta scenografica: una monumentale porta chiudeva infatti la lunga prospettiva del decumano massimo.
Il modello utilizzato per il progetto, detto “provinciale”, è lo stesso che sottende l’arena di Verona: con un’area centrale di forma ellittica scavata nel terreno e uno o più ordini di anelli per gli spalti. Un lungo corridoio (all’epoca ipogeo) attraversa da parte a parte l’arena incontrando al centro un ampio vano di servizio absidato. Purtroppo l’elevato non è conservato ma, in base alle dimensioni notevoli dell’arena e delle fondazioni si ipotizza che potesse trattarsi di un edificio piuttosto imponente, sebbene non significativamente decorato (fatto dedotto da alcuni ritrovamenti del rivestimento) e che potesse accogliere circa settemila spettatori che accedevano tramite corridoi e scale disposti radialmente, le cui fondazioni risultano ancora perfettamente leggibili. L’anfiteatro che di norma ospitava i “ludi gladiatorii”, quelli in cui i guerrieri si scontravano in sanguinosi combattimenti con altri uomini, o le “venationes” (cacce) in cui lo scontro era con animali feroci, attirava molti spettatori da tutto il circondario.
Il teatro
Del teatro, il reperto meglio conservato, risultano ancora visibili le fondazioni della cavea e della scena, alcune basi in arenaria delle ventidue arcate che componevano l’ambulacro semicircolare esterno che serviva a smistare gli spettatori e alcune porzioni di elevato.
I reperti sono stati sufficienti agli studiosi per elaborare modelli piuttosto dettagliati di quello che doveva essere l’aspetto originario. Della scena restano ancora visibili i fori di alloggiamento delle strutture lignee per la movimentazione del sipario e delle scene mentre del portico quadrato che si sviluppava alle spalle della scena (post scaenam) e che accoglieva gli spettatori, restano invece solo poche tracce: il resto giace sotto i binari ferroviari. Dalle dimensioni (la cavea ha un diametro di 35 metri) gli archeologi stimano che potesse accogliere circa 3.800 spettatori e dal ritrovamento di capitelli, fregi e decorazioni, come dalla predisposizione di spazi adibiti ad accogliere fontane e statue ne deducono che dovesse trattarsi di un luogo elegante che testimonia un società non solo ricca ma anche colta e raffinata.
Ipotesi ricostruttiva del teatro romano – Modello visibile presso l’area acheologica di Libarna
Le abitazioni
L’aggregato urbano crebbe ordinatamente sul reticolo viario ortogonale: le strade erano ampie (il cardine massimo raggiunge i 14 metri di larghezza e il decumano massimo 10, mentre le strade secondarie hanno un ampiezza compresa tra i 5 e i 9 metri), lastricate o in acciottolato, leggermente a “dorso di mulo” e fiancheggiate da canalette per lo scolo delle acque mentre ai lati non era infrequente poter camminare su marciapiedi o imbattersi in fontane, vespasiani ed edicole votive.
Anche la rete di approvvigionamento idrico, dapprima basata su un sistema di pozzi e fontane evolvette verso un modello maturo di rifornimento tramite l’acquedotto e di scarico tramite una vera e propria rete fognaria basata su di un sistema di collettori interrati che raccoglievano le acque reflue per scaricarle nel torrente Scrivia: nei pavimenti di molte stanze si può osservare la canaletta che raccoglieva le acque di scarico per riversarle nella condotta fognaria. La stessa cura adottata per i sistemi viario, fognario e per gli edifici pubblici, pervade e si estende anche alle opere di edilizia privata con un applicazione sostanzialmente fedele dei modelli tipici di abitazione: la domus (la casa nobiliare) e l’insula (un aggregato di abitazioni per le classi meno abbienti). Gli scavi mostrano due isolati più o meno delle stesse dimensioni, entrambi nei pressi dell’anfiteatro, uno a Nord e l’altro a Sud del decumano massimo su cui si aprivano gli accessi delle case, in alcuni casi direttamente con l’ingresso sulla strada o altrimenti con una sorta di corridoio che conduceva ad un atrio sul quale si affacciavano le abitazioni. Nell’isolato a Nord esistevano presumibilmente due abitazioni piuttosto grandi che hanno subito diversi rimaneggiamenti, compresa la trasformazione del lato nord in ambienti termali. Tuttavia si è potuta ricostruire la posizione del triclinium (la stanza da pranzo) e riposizionarvi il bellissimo pavimento decorato: tra due fasce di mosaici a disegno geometrico in bianco e nero campeggia un mosaico (databile al II secolo d.C.) di grandi dimensioni che rappresenta Ambrosia aggredita dal re Licurgo e trasformata in vite da Dioniso che la vuole porre in salvo.
Quella sul lato Sud è la domus più grande (circa 1.200 metri quadrati). Entrando dall’ingresso principale affacciato sul decumano si attraversa il vestibolo e poi l’atrio con la vasca per la raccolta dell’acqua piovana (impluvium). Intorno all’atrio si distribuiscono gli ambienti di soggiorno e rappresentanza mentre attraverso un corridoio (andron) si può passare al peristilio, un cortile scoperto circondato da un portico su cui si affacciavano le camere da letto (cubicula), mentre sempre sul decumano si affacciavano le tabernae (le botteghe).
Informazioni utili per la visita agli scavi archeologici e ai reperti museali
I reperti archeologici recuperati durante gli scavi sono conservati presso diverse sedi museali tra cui anche una sala espositiva situata presso il Municipio di Serravalle Scrivia. A Libarna sono stati reperiti diversi pavimenti a mosaico, statue in marmo e in bronzo, elementi decorativi come capitelli, fregi e cornici, suppellettili (vasellame, lucerne, monili) e monete risalenti ad epoche diverse. La visita all’area museale si propone quindi come l’ideale conclusione della visita al sito archeologico.
Prima di chiudere vi segnaliamo alcune interessanti ricostruzioni dell’anfiteatro del teatro, e del decumano massimo sulla Brochure scaricable dell’Area Archeologica-di-Libarna del Comune di Serravalle Scrivia, mentre agli appassionati suggeriamo la lettura degli atti del convegno “La riscoperta di Libarna” (2004).
Ora qualche indicazione per la visita del sito archeologico e dell’area museale:
Nel momento in cui scriviamo (giugno 2014) le visite, individuali e di gruppo, all’area archeologica sono possibili da martedì a venerdì dalle 9 alle 12 e il sabato e alla domenica dalle 10 alle 16, lunedì chiuso. Sebbene la prenotazione non sia obbligatoria è altamente raccomandata poiché è assegnato un unico custode e in sua assenza l’area resta chiusa. Le visite sono gratuite.
Per appuntamenti e informazioni è possibile chiamare i seguenti numeri al numero +39 0143 633627 / 686252 / 633420 oppure scrivere all’indirizzo biblioteca@comune.serravalle-scrivia.al.it.
L’indirizzo esatto dell’area archeologica è Via Arquata, 63 – 15069 Serravalle Scrivia – Frazione Libarna (Al) [Latitudine : 44.723208 | Longitudine : 8.857401]. Per raggiungerla: se provenite da Milano dovete uscire al casello di Serravalle Scrivia e proseguire in direzione Arquata – Genova; chi invece proviene da Genova deve uscire al casello di Vignole e poi seguire le indicazioni per Serravalle Scrivia – Novi ligure.
La sala museale situata nell’atrio del comune di Serravalle Scrivia (Via Berthoud, 49) è aperta alla mattina dal lunedì a venerdì e al sabato su prenotazione; domenica e festivi chiuso. Per informazioni e prenotazioni potete chiamare ai seguenti numeri +39 0143 633627 / 686252 / 609411 o scrivere alla biblioteca di Serravalle Scrivia.
Salvete!
[Lat. State bene!]
Ti piace questa pagina? Condividila!
Altri articoli che potrebbero interessarti: